IL PRETORE
   Ha pronunciato la  seguente  ordinanza  nella  causa  promossa  con
 ricorso  depositato l'11 settembre 1995 dalla Strap S.r.l. con l'avv.
 A. Majo, ricorrente  contro  l'Istituto  nazionale  della  previdenza
 sociale  con  gli  avv.ti  Formicola e Dolcher, resistente, avente ad
 oggetto: opposizione a precetto.
   L'art. 4 della legge 29 gennaio 1986, n. 26 recante "incentivi  per
 il  rilancio  dell'economia  delle  province  di  Trieste  e Gorizia"
 prevede per le imprese di tali territori uno "sgravio  aggiuntivo  di
 due  punti  per ciascuna delle aliquote contributive, assistenziali e
 previdenziali".
    Sorse questione se lo sgravio comportasse  l'abbassamento  di  due
 punti  di  ciascuna delle aliquote contributive sia assistenziali che
 previdenziali, ovvero solo l'abbassamento di due punti  del  coacervo
 delle  aliquote  assistenziali  e  di  due  punti  del coacervo delle
 aliquote previdenziali.
   La giurisprudenza si oriento' nel primo senso.
   Interveniva, allora, il d.-l. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito in
 legge 7 dicembre 1989, n. 389, il  quale  stabili  che  "il  primo  e
 secondo  comma dell'art.  4 della legge 29 gennaio 1986, n. 26, vanno
 interpretati nel senso che lo sgravio ivi previsto e'  concesso  alle
 imprese  che  gia'  fruiscono  degli  sgravi degli oneri sociali e si
 applica per ciascuna delle due aliquote complessive previdenziali  ed
 assistenziali".
   In  un primo tempo parte della giurisprudenza di merito intese tale
 previsione come innovativa, poi a seguito dell'intervento delle  s.u.
 della Cassazione che confermarono il valore interpretativo e, quindi,
 retroattivo  della  norma da ultimo citata (Cass. 2 febbraio 1993, n.
 1281, in  Foro  it.,  1993,  I,  1884),  la  tesi  piu'  ampia  venne
 definitivamente abbandonata.
   Non  di  meno  anche  dopo  il  tramonto della linea interpretativa
 favorevole ad uno sgravio per ciascuna aliquota, molte imprese  della
 provincia   di   Gorizia  continuarono  a  vantare  tale  piu'  ampio
 beneficio, per il periodo anteriore  alla  legge  di  interpretazione
 autentica,  compensando  all'atto  della  compilazione dei modelli di
 denuncia mensile (d.m.  10) i contributi correnti con pretesi crediti
 costituiti  dalla  differenza  fra  quanto  pagato   per   contributi
 (calcolati  con  il  sistema  meno favorevole) e quanto asseritamente
 dovuto (contributi calcolati con il sistema piu' favorevole)
   Quando  l'I.N.P.S.  inizio'  a  recuperare  i  contributi paqati in
 misura inferiore sulla  base  delle  interpretazione  errata  e/o  le
 indebite  compensazioni  (ovviamente  non  autorizzato)  gravando  le
 relative somme di interessi e accessori, il legislatore predispose il
 d.-l. 17 marzo 1994, n. 183, poi reiterato con d.-l. 16 maggio  1994,
 n.  299,  convertito  in legge 19 luglio 1994, n. 451 che prevede che
 l'obbligo contributivo per le imprese industriali della provincia  di
 Gorizia  nei  confronti  degli  enti  previdenziali  ed assistenziali
 previsto dall'art. 4 della legge 29 gennaio 1986, n. 26 si  considera
 regolarmente   assolto   con  i  versamenti  delle  predette  imprese
 effettuati anteriormente alla data di entrata in vigore dell'art.  2,
 comma  17,  del  d.-l.  9  ottobre  1989,  n.  338,  convertito,  con
 modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389", art.  18,  comma
 2.
   Preso  atto pero' che tale formula poteva non coprire il meccanismo
 di  compensazione  gia'  descritto,  si   ricorse   ad   un'ulteriore
 interpretazione autentica con decreti-legge piu' volte reiterati fino
 al'entrata   in   vigore  della  legge  28  novembre  1996,  n.  608,
 conversione in legge del d.-l. 1 ottobre 1996, n. 510 che al suo art.
 4, comma 12, stabilisce che: "il disposto di cui all'art. 18, comma 2
 del d.-l. 16 maggio1994, n. 299,  convertito,  con  modificazioni  in
 legge  19  luglio  1994, n.   451 si applica alle imprese industriali
 della provincia di Gorizia e va interpretato nel senso che  l'obbligo
 contributivo  delle  imprese operanti nella provincia di Gorizia, nei
 confronti  degli  enti  previdenziali   ed   assistenziali   previsto
 dall'art.  4 della legge 29 gennaio 1986, n. 26 si considera comunque
 assolto con gli adempimenti per  i  periodi  precedenti  la  data  di
 entrata  in vigore dell'art. 2, comma 17 del d.-l. 9 ottobre 1989, n.
 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre  1989,  n.
 389, anche se effettuati con conguaglio successivo a tale data".
   Nel   frattempo   pero'  le  iniziative  giudiziarie  dell'I.N.P.S.
 giungevano, in alcuni casi, alla fase esecutiva.
   L'I.N.P.S., in cause analoghe e in sede di  opposizione  a  decreti
 ingiuntivi  (e  quindi  in  difetto  di titolo definitivo) ha ammesso
 l'operativita' della  sanatoria  sui  crediti  azionati,  ma  non  ha
 rinunciato  agli  atti,  sostenendo  che  l'effetto della "sanatoria"
 sarebbe limitato a parte dei crediti  azionati  e  non  comporterebbe
 l'illegittimita'  del  decreto  ingiuntivo che, in particolare per il
 riconoscimento delle spese del giudizio, dovrebbe comunque  ritenersi
 validamente emesso.
   In   merito   a   tali   posizioni   un'eccezione  di  legittimita'
 costituzionale e' stata sollevata con ordinanza di questo pretore del
 22 aprile 1997.
   In dubbio sulla legittimita' dell'art. 18, comma 2, d.-l. 16 maggio
 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla  legge  19  luglio
 1994,  n.  451  e dell'art. 2, comma 12, del d.-l. 1 ottobre 1996, n.
 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996,  n.
 608 non appare infatti manifestamente infondato.
   I   profili  di  non  manifesta  infondatezza  della  questione  di
 legittimita' della norma in esame derivano dalla maniera  in  cui  la
 "sanatoria"  e'  congeniata che pare collidere con la ragionevolezza,
 l'eguaglianza dei cittadini, la giustizia sostanziale.
   Il legislatore, infatti, con la "sanatoria" in questione lungi  dal
 ritornare  sui  propri passi smentendo la interpretazione restrittiva
 della  legge   n.   26/1986   quale   suggellato   dalla   norma   di
 interpretazione  autentica e dalle sezioni unite della Cassazione, ha
 preteso  di chiudere la partita riconoscendo solo a chi ha pagato, in
 via  diretta  o  mediante  compensazioni,  i  contributi  in   misura
 inferiore  al  dovuto il diritto a vedersi riconosciuto lo sgravio di
 due punti su tutte  le  aliquote,  mentre  per  coloro  che  si  sono
 attenuti  alla  interpretazioni  piu'  restrittiva, risultata l'unica
 giuridicamente fondata, il beneficio e' negato.
   Anzi data la formulazione della norma a chi  ha  pagato  in  misura
 inferiore  al  dovuto  viene  riconosciuto  qualsiasi  sgravio si sia
 autoliquidato.
   Questo e' infatti l'effetto della norma  invocata  che  prevede  he
 l'obbligo contributivo si consideri comunque regolarmente assolto con
 i  versamenti  delle  imprese  effettuati  anteriormente alla data di
 entrata in vigore del decreto-legge n. 338/1991 (o comunque, mediante
 compensazioni successive ma relative a crediti  vantati  per  periodi
 anteriori  a  tale data) senza che alcun rilievo abbiano le modalita'
 di (auto)liquidazione e l'entita' delle somme versate.
   Tale sistema normativo pare in definitiva  contrastare  con  l'art.
 3,  primo comma, della Costituzione nella misura in cui riconosce una
 posizione deteriore a coloro che hanno  applicato  la  norma  secondo
 l'interpretazione  giuridicamente  corretta  e  con  gli artt. 2 e 38
 della Costituzione, nella parte in  cui  esonera  (in  parte)  alcuni
 soggetti dal pagamento dei contributi previdenziali  ed assistenziali
 senza  alcun  razionale disegno incentivante o di tutela di una certa
 categoria.
   Connessa a quest'ultimo aspetto risulta evidente l'incongruita' fra
 fine  perseguito  (eliminazione  degli  inconvenienti  creati   dalle
 vicende  interpretative  della  legge  n.  26  del  1986) e strumento
 utilizzato (riconoscimento generalizzato della liceita'  dello  stato
 di  fatto,  in  tema  di  versamenti  contributivi, fino ad una certa
 data), incongruita' che configura  quella  forma  di  violazione  del
 principio   di   ragionevolezza   denominata   "eccesso   di   potere
 legislativo".
   Nel nostro caso, a differenza di quelli  di  cui  all'ordinanza  22
 aprile  1997  le  cui  argomentazioni  in  materia  di  non manifesta
 infondatezza  sono  state   ora   riprodotte,   l'I.N.P.S.   contesta
 l'applicabilita'   della   "sanatoria"  in  quanto  esiste  ormai  un
 giudicato; insensibile sia allo ius superveniens che ad  un'eventuale
 declaratora di incostituzionalita' del medesimo.
   Non  di  meno  ad  avviso  di  questo  pretore  la  rilevanza della
 questione va affermata anche nella presente causa.
   Poiche' spetta al giudice a  quo  individuare  l'ordine  logico  da
 seguire   nell'esame   delle   questioni  giuridiche  che  una  certa
 controversia  pone,  appare  a  questo  pretore  necessario  chiarire
 preliminarmente  se  il  combinato  disposto degli artt. 18, comma 2,
 d.-l. 16 maggio 1994, n. 299, convertito,  con  modificazioni,  dalla
 legge  19  luglio  1994,  n. 451 e dell'art. 2, comma 12, del d.-l. 1
 ottobre 1996, n.  510, convertito, con modificzioni, dalla  legge  28
 novembre  1996,  n.  608  e  la  "sanatoria"  ivi prevista, che e' la
 disposizione di legge di cui chiede applicazione  il  ricorrente,  ha
 titolo  per  annoverarsi  fra le norme del nostro ordinamento per poi
 operare, in relazione all'eventuale riaffermata vigenza del  disposto
 impugnato, l'interpretazione piu' consona del medesimo.
   Ove  infatti  si  giungesse a ribadire la legittimita' del suddetto
 disposto si porrebbe il problema  di  intendere  se  questo  tipo  di
 "sanatoria"  non  debba  operare  anche  sui  titoli gia' esecutivi e
 coperti da giudicato per evitare discriminazioni conseguenti a scelte
 processuali dell'I.N.P.S.  Ne scaturirebbe quindi la possibilita'  di
 affrontare   il  problema  di  un'interpretazione  costituzionalmente
 adeguata e particolarmente ampia della norma de qua  ovvero,  se  non
 risultasse  percorribile  tale via, l'ulteriore problema se investire
 sotto diverso  profilo  la  Corte  cstituzionale  per  verificare  la
 legittimita'   dell'esclusione  dalla  "sanatoria"  di  soggetti  nei
 confronti  dei  quali  si  sia  gia'  formato  un  titolo   esecutivo
 definitivo.
   Senza  prendere  posizione  su questi ulteriori quesiti e' evidente
 che essi presuppongono in ogni caso la vigenza di una norma della cui
 legittimita' costituzionale per i motivi esposti si dubita  e  quindi
 il   giudizio   non  puo'  essere  definito  indipendentemente  dalla
 risoluzione della questione di legittimita' in questione.
   Ne discende la rilevanza, oltre che la non manifesta  infondatezza,
 della  questione;  il giudizio va, dunque, sospeso ai sensi dell'art.
 1, legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e  art.  23,  legge  11
 marzo 1953, n. 87.